NEOCLASSICO NERO

Il tema della pornografia trovò in Robert Mapplethorpe un "richiamo all'ordine" di gusto e stile tipicamente neoclassico che suscitò un certo turbamento nell'immaginario collettivo degli anni Ottanta, pronto ad accettare solo forme scabre, irregolari -- quando non addirittura "infernali" o "maledette" a vario titolo -- per l'eros, soprattutto se a produrlo era un gay; nelle foto più mature di Mapplethorpe, invece, tutto è serenamente olimpico, apollineo e niente viene snaturato o "redento". Un esempio: il sesso e l'astrazione -- la carne e le cifre, come direbbe Cocteau -- sono inseparabili nel nudo di Jimmy Freeman, accovacciato e col membro che traccia una perfetta perpendicolare dall'inguine alle caviglie. Nessun "significato".
I piedi di un negro librati in aria, con le punte che si toccano: mi è quasi impossibile, per una sorta di riflesso condizionato eurocentrico, non pensare alle zampe delle scimmie antropomorfe. In casi come questo, non faccio che constatare con sereno sangue freddo il razzismo di cui sono impregnato, cosa che per altro verso fece anche lo stesso Mapplethorpe; ad una domanda di Celant su di una possibile componente razzista nel suo lavoro, rispose infatti: "Penso che sia razzista, perché non può essere diversamente. Io sono bianco e loro sono neri, sono un essere maschile e loro femmine. Da qualche parte una differenza esiste, ma non deve porsi come valore negativo". All'opposto della foto precedente, troviamo l'ironica allusione all'estetica nazista nel ritratto di Thomas, fotografato dal basso verso l'alto come se si trattasse di un perfetto rappresentante della pura razza ariana: il complesso di superiorità equivale a quello di inferiorità, non ne è che un rispecchiamento rovesciato (non a caso Leni Riefensthal passò dalle immagini dei biondi teutoni a quelle dei neri nuba senza alcuna difficoltà). La lezione dell'artista newyorkese però va oltre: un modello viene ritratto di schiena ed appare per metà bianco e per metà nero grazie ad un particolare taglio di luce: impossibile dire se sia occidentale o africano. La foto, semplice ed incommentabile, vale più d'ogni discorso antirazzista; il bianco e il nero sono solo illusioni ottiche, punti di vista dei quali non conviene fidarsi perché manipolati a priori dalla tecnica fotografica (P. Gera).
Il torso di Thomas su cui sta appuntata, proprio al centro, una spilla a forma di testa d'elefante; tranquillizzato da un'analogia fin troppo marcata fra forme (spilla = torace), scivolo verso il pube del modello, sottratto allo sguardo con precisione assoluta: il membro "tagliato", lasciato fuori campo da una volontà retorica e non censoria, rende con ogni probabilità tale foto fra le più perfette ed equilibrate quanto a carica sessuale; l'esperimento venne tentato diverse volte (per esempio col sesso di Charles Bowman che fa capolino dalla camicia intrisa d'acqua), ma solo in questo caso sembra riuscito alla perfezione. È il momento stesso dello schiudimento ad esser stato colto e cristallizzato con un tempismo perfetto: da qui l'effetto di moto perpetuo che l'immagine dà al desiderio, soddisfatto ed insoddisfatto al medesimo istante. Pur trovandomi solo in parte d'accordo con Barthes a proposito della distinzione che propone fra foto pornografica ed erotica, mi sento tuttavia in dovere di citarne le parole riferite a Mapplethorpe, parole che riescono assai illuminanti nel caso dell'immagine descritta: "la foto erotica […] non fa del sesso un oggetto centrale; essa può benissimo non farlo vedere; essa trascina lo spettatore fuori della sua cornice, ed è appunto per questo che io animo la foto e che essa a sua volta mi anima. Il punctum è quindi una specie di sottile fuori campo, come se l'immagine proiettasse il desiderio al di là di ciò che essa dà a vedere […] qualche millimetro in più o in meno e il corpo immaginario non sarebbe più stato offerto con benevolenza (il corpo pornografico, compatto, si mostra, non si offre: in lui non c'è alcuna generosità): il Fotografo ha colto il momento giusto, il kairos del desiderio" (La camera chiara). Come controprova a queste affermazioni, ecco una foto del tutto opposta e complementare alla precedente, in cui è il petto del modello ad esser posto fuori campo, mentre vedo invece un insuperabile cavalletto di frisia forgiato dal triangolo del membro e delle cosce… paradossalmente, però, manca qualcosa: il desiderio di quel che c'è (immagini del genere, in effetti, molto spesso sono utili soltanto per rafforzare la convinzione che il fuori campo esista davvero).
Approfondito in maniera più oggettiva, tuttavia, il discorso non regge che in parte: se il fotografo inquadra un nudo in totale o semitotale, ad esempio, la dialettica di cui parla Barthes può esser senza dubbio presente, ma all'interno della foto stessa: in modo impercettibile, l'occhio corre dal corpo intero al dettaglio mettendo "fuori campo" (fuori fuoco, cioè ai margini del proprio centro d'interesse visivo) ora l'uno ora l'altro, come accade nelle nere figure di operai rozzi o marinai flessuosi, perfette emanazioni delle loro verghe, putrelle quasi mozze per esaltare un eccesso di potenza che anche un minuscolo margine diminuirebbe o cordami elastici pronti a scattare con la liquidità -- e la forza -- d'una cascata. Portando la riflessione alle estreme conseguenze, come si deve fare, gli appassionati di pornografia andrologica opereranno nello stesso modo anche di fronte ad un dettaglio, per quanto minuscolo, e quindi ingrandito, sia: che so, magari andranno da una goccia di sperma al glande mettendo "fuori campo" ora l'uno ora l'altro. Proprio per questo non condivido del tutto la distinzione fra foto erotica e porno proposta dal critico francese: se è vero che quella erotica coglie il momento giusto, è anche vero che quest'ultimo può esser trovato dallo spettatore, a seconda del proprio gusto e della propria sensibilità, in ogni immagine che per lui sia legata alla sessualità, non importa se in maniera allusiva o diretta, e dunque anche nella fotografia che Barthes chiama pornografica: non esiste salvezza nell'umanismo.
A margine, vale ancora la pena di notare che per il cinema il discorso deve venire elevato a potenza: il nudo ripreso in dettaglio e in totale, con l'illusione del movimento (si pensi per esempio ad uno strip), accentua la dinamicità della dialettica e rende impossibile allo spettatore staccare lo sguardo di volta in volta dal membro come centro marginale e dal corpo come margine centrale; l'occhio della telecamera rende percepibile proprio il movimento dell'occhio umano di cui ho parlato prima.
È certo che l'omosessualità avrebbe qualcosa da insegnare all'eterosessualità in termini di rinnovamento della figura della donna (in questo senso, forse non è un caso che Brodkey scrivesse un grande racconto erotico etero, "Innocenza", proprio nel momento in cui stava vivendo il suo più importante amore omosessuale): proverò ad accennarvi molto in breve prendendo come punto di partenza Lady Lisa Lyon. In questo libro, afferma Celant, "il maschile viene espresso in una struttura femminile altamente perfetta"; benissimo: questa sorta di travestitismo mascherato -- la definizione, per quanto barocca, è autorizzata dal fatto che Lyon è una culturista -- consente di dedurre allora che il substrato di intimità preesistente fra gli omosessuali, appunto in quanto appartenenti ad un medesimo sesso, fu qui assunto da Mapplethorpe come dato di partenza implicito, ma nei confronti di un essere femminile, cosa consentitagli dal fatto che la corazza muscolosa faceva apparire Lisa quasi un uomo (discorso opposto e complementare si potrebbe fare per i trans)… È facile notare come già questa sola idea miri ad un superamento delle immagini che di epoca in epoca hanno disegnato la donna nel nostro immaginario. In maniera più o meno ingenua, le culturiste si muovono in questa direzione ancora ignota e tutta da scoprire; sono le figure ambigue e rozze di un momento storico che non può evitare di prefigurarsi quel che sarà e quindi in qualche modo di prepararlo con ogni sorta di esperimento culturale: da un lato calco pedissequo della forma più infantile del complesso d'inferiorità e del narcisismo maschili, e dall'altro profezie ancora incerte, confuse e oscure sul futuro femminile; ibridi, punti di passaggio mostruosi e meravigliosi come -- dall'altro lato della strada -- i trans, necessari per la nascita di qualcosa che con tutta probabilità li farà dimenticare. Ma nel frattempo, godiamoceli.